Bentrovati Oncers della mia lingua triforcuta, prossima al pensionamento anticipato! Già, persino i contratti a tempo determinato senza scopo di lucro giungono a scadenza, ma non temete: le Streghe vi stritoleranno la mano e vi sosterranno col loro corrosivo sarcasmo fino alla fine. Buona lettura! A due settimane dal debutto della seconda metà della sua stagione conclusiva, Once Upon A Time ci ha offerto un “assaggio” del suo ultimo arco narrativo, la cui massima aspirazione -a voler essere indulgenti, oltre che doverosamente obiettivi- può consistere oramai solo nell’ epilogo dignitoso di uno spinobot (=sequel+spin-off +reboot), già fallito sulla carta. Respingendo sterili e affettati buonismi -cui la nostalgia per l’imminente addio potrebbe indurre- e senza bisogno di scomodare preconcetti di sorta, infatti, questa settimana ha ricevuto un’ ulteriore conferma l’intuizione espressa anzitempo: questo esperimento di Adamo e Eduardo, indirizzato più a posticipare il licenziamento che a rivitalizzare uno show sull’ orlo di una crisi di audience, avrebbe avuto maggiori chance di funzionare come futuro revival, oppure sostituirsi ad una a caso delle midseasons andate a vuoto nello scorso triennio. Sarebbe bastato che uno degli scalognati sortilegi abbattutisi su Storybrooke avesse sfrattato la vecchia guardia non in un altro luogo (Camelot, Wish Realm, Untold Stories,eccetera), bensì in un altro tempo, stile Vent’anni dopo di Dumas et voilà! E,parola mia,fare una constazione del genere, dopo avere recensito Ouat per l’equivalente di un mandato al Quirinale, ad un passo dallo scioglimento della camere -cripte sotterranee nel nostro caso- è un smacco insoffribile. A Taste of the heights non evidenzia particolari,nel senso di nuove,lacune-eccetto le solite,ovvio; tuttavia, non eccelle in nulla di particolare: dispiace, insomma, più non avere di meglio da scrivere che il non avere visto di meglio, tanto perfetto è l’equilibrio tra il poco che si ricorda di più e chi ci si dimentica di meno. Il recupero di una parziale coralità narrativa ha contribuito ad ossigenare lo show,incartatosi a lungo sul riciclo di intrecci e ships, eppure gli abitanti di H Town mancano di mordente, quella grinta trascinante che fidelizza i telespettatori ai limiti della dipendenza seriale. La caratterizzazione dei personaggi è povera, monocorde, e relega persino una convincente Tiana al ruolo di ballerina di fila nell’ episodio che la incorona-letteralmente-protagonista. L’introduzione di Naveen serviva,forse, altri scopi oltre alla rivelazione dell’intrallazzo di Reginella ed il Dottor Facilier, per la defunta gioia di Robin Hood? Io non ne ho intravisti, salvo che non si sia voluto insegnare a Tiana che “non aver bisogno di un principe se puoi esserlo” non cancella il suddetto principe dal libro paga della Disney, perciò tanto vale farlo passare a fil di denti da un alligatore la cui deliziosa versione originale strombettava Miles Davis e Louis Armstrong. Dal canto loro, Enrichetto e Cenerella competono per la medaglia d’oro dell’anonimia, ispirandosi al ragazzo da parete di Noi siamo infinito, mentre i Tre Moschettieri del Maine (al secolo Tremonio,Ron e Ruggero) sono così compressi nel ruolo di spalle da risultare la polaroid sfocata dei precedenti alter ego. Volendo riassumerlo,il nocciolo della spinosa questione consiste nell’ assenza di un concreto filo conduttore nella trama generale e di un leader nel gruppo di profughi incantati. Porta in alto la mano,segui il tuo capitano cantava Dj Francesco,ma sia noi che i morti di fiabe di Seattle rimarremmo fermi in mezzo alla strada perché questo barcone un capitano non ce l’ha. Questa stagione avrà pure recuperato i toni,il ritmo e la struttura della S1 però, non ha saputo raccoglierne appieno l’eredità. Parafrasando Churcill, secondo il quale una cosa funziona se sono in due a decidere e l’altro è malato, due erano, infatti, i poli intorno ai quali gravitava il pilot: Emma ed i Charmings. Quando ne avevamo abbastanza della telenovela “Anche gli Azzurri piangono”, la sheriffa ci “piombava” i piedi per terra, dimostrandoci come la vita ai confini della FTL, la cosiddetta realtà,si riveli, talvolta, una matrigna spietata quanto la regina cattiva di Biancaneve; quando, invece, era l’irriducibile miscredenza della Salvatrice riluttante a venirci a noia, i suoi principeschi genitori ci restituivano la fiducia nel lieto fine, reso possibile, anche in un mondo dove non ci sono fantomatici Autori, dalla volontà di ciascuno di noi scriverne uno,magari imperfetto,ma altrettanto meritevole della postilla “ e vissero per sempre felici e contenti”. Se da un lato,infine, la trama generale declinava in tutte le sue cerulee sfumature il tema de “I will always find you” avvicendando ricerca, cercatori e cercati, dall’altro la monoespressiva JMO era il controverso, ma pur sempre principale referente della Gang del bosco.
Avevamo dato per scontato –rettifico: ci avevano inculcato l’idea- che avremmo assistito ad un doppio passaggio di testimone: la villica redenta(Reginella) al posto della Signora in Jones (Emma), mentre l’autore in cerca d’autore(Enrichetto) e la Cenerella latina (Giacinta) sarebbero stati i portabandiera del True Love; tale ricambio,tuttavia, non è mai avvenuto o,perlomeno,non è pervenuto perché a nessuno dei personaggi menzionati è stata affidata la responsabilità di farsi carico della storia. I Mills si sono ritrovati a essere sfruttati come collanti quando avrebbero dovuto esercitare la funzione di calamite. Avete, forse, trattenuto il fiato, temendo che Lucy non arrivasse in tempo per fermare i suoi genitori dal limonare sul divano, oppure siete rimasti scioccati dalla scoperta che il carnet da ballo della Regina Cattiva includesse pure il man in black iettatore del Bayou? Se la vostra risposta è no,al di là della naturale flessione del vostro interesse (dovuto agli anni,le delusioni ovvero anni di delusioni) probabilmente è che nessuno di quei provinciali di H Town,nonostante possedesse il carisma per emergere se non proprio spaccare, ha avuto un ruolo e/o un peso preponderante, superiore cioè al minimo sindacale riservato alle special guest, pertanto non gli è riuscito di accalappiarvi. La sensazione è che la S7 abbia voluto raccontare una fiaba, senza il coraggio di addentrare i suoi protagonisti nel bosco oscuro,bensì lasciandoli a pascolare al suo ingresso. Le vicissitudini passate,e presenti, di Tiana lo confermano, laddove la principessa ranocchia commette due volte lo stesso errore, che non produce il medesimo risultato soltanto perché non era nei piani di Facilier (la rima mi è uscita involontaria). Potremmo elucubrare fino al prossimo episodio sulle motivazioni delle scelte e degli errori di Tiana&Soci, ma si tratterebbe solo considerazioni, poiché niente dell'io profondo né dei conflitti interiori dei personaggi è trasparito finora da cui l'origine della frustrazione nei confronti di questa stagione. In conclusione,non mi aspetto una rimonta dello show tale da ridurmi nello stato di prostrazione made in This is us,tuttavia, manca sempre meno ed io Voglio emozionarmi davvero. Alla prossima(7x14) Oncers!
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Novembre 2016
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