Infine è giunto anche per me il momento di proporre il mio ultimissimo e personalissimo commento in solitaria della settima stagione. E non solo. Questa sarà, per cause di forza maggiore, anche la penultima recensione che mai avrò il piacere di scrivere di questo speciale show. Ci si potrebbe aspettare che a questo punto, giunti alla fine, la mia lingua possa rabbonirsi e proferire dolci parole... ma invece no, giustamente. Anche per la prima parte del finale di stagione e di serie, non ho resistito ad incoccare frecce velenose al mio arco ed usare una favella infuocata. I saluti, ovviamente, saranno per l'ultima recensione, ma fin da ora colgo l'occasione per salutare e ringraziare tutti - i pochi, ma pazienza- coloro che, nel bene e nel male, mi hanno seguito per il tempo passato insieme. Buona lettura. Durante, e poi a seguito, della visione di “Homecoming” è stato inevitabile chiedermi - un po’ alla Carrie Bradshaw- se tutto ciò che avevo visto fosse stato pensato, e quindi fatto, più con la volontà di accomiatarsi dal pubblico piuttosto che intrattenerlo con una vera e propria trama. D’altra parte è ben risaputo che la decisione da parte del network di concludere lo show con l’attuale settima stagione sia piombata come una tegola sulle teste - da un po’ di tempo a corto di idee, per carità- dei due geniacci, che nemmeno nei loro sogni più tenebrosi potevano pensare di dover accelerare il processo di chiusura definitivo. Pertanto Edoardo ed Adamo, come più volte dichiarato nel corso degli ultimi mesi, hanno dovuto adeguarsi, e decidere come arrivare al grande epilogo della loro personalissima fiaba percorrendo una strada leggermente diversa, che conduce proprio ad “Homecoming”, dove è l’elemento nostalgico - rappresentato soprattutto da un arcinoto cartello stradale- l’assoluto propulsore dei 40 concitati minuti di episodio, a scapito, appunto, di una trama vera e propria. Non che ciò sia un difetto, a questo punto, anzi: pur non essendo una stagione completamente senza trama - a differenza di una stagione precedente, di cui non verrà, per correttezza, rivelato il numero-, la settima si dovrebbe comunque annoverare tra quelle che di trama ne hanno vista ben poca, complicata oltretutto da una timeline decisamente confusionaria - e solo parzialmente giustificata e giustificabile nella puntata precedente-, ben due mondi fantastici tra cui destreggiarsi - di cui uno, il Wish Realm, che è stato un flop fin dalla sua introduzione nella sesta stagione- e un’impalcatura che ha fin troppo cercato di prendere spunto - fino ad arrivare addirittura all’autoplagio- dal passato, finendo quindi per mancare di una propria personalità definita. Perciò, il fatto che nella prima parte del finale - e potenzialmente anche nella seconda- non ci sia una trama a far da traino, è in fondo coerente con il resto della stagione, nonchè con i finali a cui OUAT ci ha abituati a partire, almeno, dalla terza stagione. Chi ha seguito fedelmente lo show sin dai suoi albori, o che comunque abbia prestato un po’ di attenzione e conservato anche solo un’oncia di memoria, sa bene di che cosa si sta parlando: in un finale tipo di questo show, la ricetta prevede un coinvolgimento piuttosto significativo di Henry, una vicenda articolata in diversi mondi e/o tempi, un ritmo più serrato del resto della stagione e, infine, un villain che sembra spuntato un po’ per caso e un po’ per comodità. Con l’eccezione del finale sesta stagione, dominato dalla figura villana di Fata Fattanza, l’infame ruolo di personaggio a cui imputare ogni colpa e malefatta è stato Tremonio, da sempre riciclato all’occorrenza come capro espiatorio. La differenza risiede, semmai, nell’aver pescato questo cattivone direttamente dalla poracciata made in Aladdin, alla stregua di tutti gli altri volti noti che ci vengono riproposti nostalgicamente durante la puntata, senza dimenticarci del primo grande riciclo, cioò Findus 2.0. Ed è proprio in virtù delle apparizioni di nuove iterazioni di vecchi personaggi, alcune più incisive di altre, che tuttavia l’episodio in questione oscilla pericolosamente tra l’essere genuinamente nostalgico e il diventare, in mancanza di un termine migliore, molto paraculo. L’utilità di questi ritorni, obiettivamente, c’è stata: Fiatella de Gin si è rivelata un ottimo calamaio - ma non un altrettanto capace Signore dei Sith nel breve scambio di fendenti con Enrichetto-, Ariel una brava spacciatrice di paralizzante per stregoni, Mickey Gandalf ha svolto bene il compito di dispensare saggezza e penne incantate. Insomma, se le cose non dovessero andare bene, potrebbero mettersi in affari e aprire un bel negozio di cancelleria. L’unico grande punto di domanda è stato semmai l’imberbe padre di Tremonio, piegato a pi greco/2 per tutti i fugaci trenta secondi di cameo. Eppure, ancora una volta, la Carrie che è in me non può fare a meno di chiedersi quanto, in fondo, questi personaggi siano serviti maggiormente ad accattivarsi il pubblico, piuttosto che a supportare veramente la trama, che risulta tutto sommanto godibile anche se raffazzonata, e senza un punto fermo. L’estrema coralità della puntata, come sempre, impedisce che un personaggio spicchi rispetto agli altri, pur essendo quasi tutti coinvolti nelle classiche beghe semi apocalittiche da finale di stagione. Ed è in questo frangente che ci viene in aiuto il nostro amico Nietzsche: le vicende dei comprimari, in questa prima parte di finale, si realizzano in un pieno eterno ritorno. Reginella deve perciò fare i conti con la pessima fama che si è procurata nel primo - e patetico- viaggio nel Wish Realm, e prepararsi ad affrontare le conseguenze di scelte ingenue, sbagliate ed egoiste. Nella recensione dedicata alla puntata ”Wish You Were Here”, mi scagliai con grande rabbia contro Regina, che ancora una volta, in nome del suo contorto senso del bene superiore - non sufficientemente maturo, dopo anni passati sul fronte opposto-, asportò i cuori delle versioni wish dei genitori della Salvatrice, credendo presuntuosamente di non commettere affato un omicidio, essendo quel mondo pura fiction, salvo poi ricredersi alla vista del suo arciere mascellone. Con tutto il mio cuore giustizionalista speravo che quell’atto non restasse impunito, e finalmente potrò essere esaudito. Certo, Reginella non verrà processata e non perderà la testa, ma già solo il riportare a galla la questione, sperando che ciò ingeneri in nostra signora della bettola un sano rimorso, mi dona una profonda e stimolante soddisfazione. Un eterno ritorno lo vive anche Weaver, immancabilmente in lotta con la sua parte più oscura, letteralmente. Per quanto il boss finale di OUAT sia un “inconveniente” dell’ultimo minuto, riesce comunque ad essere funzionale al contesto in cui è stato inserito, riproponendo quell’immagine di un Tremonio spietato puparo che crea un bel contrasto, quasi necessario, con il suo alter ego ormai militante tra i buoni. Per giustificarne la presenza, si pensa di riesumare la profezia della ributtante Veggente dai palmi occhioluti che indicò Enrichetto come la kryptonite del nonno. Al momento sembra che il modo migliore per disfarsi del problema sia quello di imprigionare Enrichetto all’interno di un esclusivo ambiente protetto e climatizzato a temperature polari insieme a tutta la famiglia, affidando la stesura di un ancora nebuloso happy ending - che sembra partire dall’eliminazione della minaccia nota come Tilly- alla mano e alla faccia da schiaffi di un wish Henry - reso orfano, nonchè friendzonato da una nuova iterazione della bella addormentata nella grotta- che solo grazie all’interpretazione di un Jared Gilmore cresciuto non solo più nei centimetri, ma anche nelle doti attoriali, riesce a far salire di meno la voglia di nuocergli fisicamente. L’ultima menzione non può non andare, infine, alle brevi sequenze che dovrebbero salutare definitivamente il non così placido - ma nemmeno esaltante- quartiere di Hyperion Heights, nonchè i suoi personaggi, o perlomeno quelli rimasti - leggi Tiana- e che, nel corso della stagione, hanno avuto un minimo di importanza. L’abbandono -apparente- di Hyperion Heights impallidisce tuttavia all’arrivo dell’ultima scena, nella quale a bordo di uno sgangherato furgone che puzza di fritto, la pazza e l’arciera superano un cartello inconfondibile, l’elemento che più di tutti, nella puntata, rende “Homecoming” un vero -eterno- ritorno a casa. Non resta perciò che incrociare le dita affinchè, domani, nell’ultima fatica di Once Upon a Time trionfino, oltre alla coerenza narrativa, tutte o quasi le virtù di questo show - e no, non per augurarsi che la quasi duchessa Meghan Markle non inciampi, a causa del vestito, nel fare la riverenza a Sua Maestà-. In questo modo, lasciare Storybrooke risulterà, magari, più sopportabile. Si conclude qui l’ultima recensione che ho avuto il piacere di scrivere in solitaria. L’appuntamento è per la recensione del finale, scritta a sei mani. A presto, e indovinate un po’? Alla prossima, ed ultima!
SKADUSSSSSSSHHHHHHH
0 Commenti
Lascia una risposta. |
Archivio
Novembre 2016
|