Ben ritrovati. Due settimane fa, purtroppo, lo Stregone Cisco non era riuscito ad esprimere la sua opinione riguardo alla puntata 7x11. Si scusa, ma oggi ritorna carico e con la lingua pronta a scattare per offrire la sua recensione della tredicesima puntata. Sembra che i toni oscuri ai quali sembrava ormai avvezzo durante la prima parte di stagione siano leggermente calati. Sarà forse la primavera, oppure una sorta di quiete prima della tempesta? Solo il tempo e le prossime recensioni potranno dirlo. Certo è però che fino alla fine non verrà meno alla sua parola di Strega, e farà del suo meglio - e del suo peggio, se si rendesse necessario- in quelle che, ormai è ufficiale, saranno le sue ultime recensioni. Buona Lettura. Per essere sfuggito alla recensione l’undicesima puntata per cause di forza maggiore, e dunque essendo scampato a dedicare interi paragrafi alla sempreverde lagna di Oz e alla sua degna e fastidiosa prole, il perverso karma di Once Upon a Time, con complice la legge magica che scandisce l’ordine con cui le Streghe sentenziano settimanalmente, ha deciso di punire il sottoscritto mettendogli davanti agli occhi, e sotto alle dita, un episodio dedicato al mio “altro true love”: il pirata che pur di brillare come la stella più luminosa del fiabesco firmamento fu, per esigenze di contratto e per amor di trama nonchè di fandom, dotato di alterego. Eppure, nonostante il mio rapporto non certo idilliaco con capitan Findus, l’episodio che lo ha visto protagonista non mi è dispiaciuto, anche a fronte di una trama sempre più ingarbugliata e non trioppo originale. Fortunatamente, l’atmosfera pseudo giallesca dell’episodio riesce a mascherare l’intricato gomitolo narrativo, così come riesce ad alleggerire il tedio delle vicenda legata a ciò che è sopravvissuto dell’originale famiglia disfunzionale. E poi, insomma, come potrebbe non coinvolgermi da vicino una spietata caccia a colleghe streghe che vengono brutalmente assassinate da un non troppo misterioso serial killer psicopatico, poichè reduce di una prigionia forzata da una disamorata madre? L’intero punto e scopo- narrativo e non- di questa congrega ancora non è perfettamente chiaro, se si esclude l’apparente desiderio della sua capoccia dalla cofana ribelle di riportare in vita un’inquietante testa sotto spirito. Nonchè di continuare l’orrido gioco di seduzione ai danni del detective monco che, come la sua controparte fiabesca, cade senza troppa vergogna e/o eleganza nella tela della vedova nera. Di nuovo. Ovviamente l’unica persona che, per quanto spesso fetente e doppiogiochista, potrebbe potenzialmente impedirgli di fare figure da cioccolataio è il suo partner anziano, che quando ottiene la grazia di apparire per più di una manciata di minuti, e pure nel flashback, riesce ad essere il valore aggiunto per antonomasia, quel quid in più che rende molto più gradevole la puntata e che, entro certi limiti, riesce a dare una concreta parvenza e un efficace ricordo di ciò che era Once Upon a Time. L’unico problema di Weaver, come di Roni del resto, è che nonostante questa nuova identità abbia tentato di rendere nuovamente freschi entrambi i personaggi, la pesantezza dei loro molti trascorsi non può non farli sembrare ormai stanchi, tanto che l’annunciata ed inevitabile chiusura dello show avrà, in questo senso, un ruolo quasi salvifico. E dal momento che sono proprio questi due personaggi a trovarsi in tale condizione, nonchè nel pieno delle loro facoltà mentali e mnemoniche, sarebbe opportuno che comunicassero e interagissero quanto prima, sia pure nello spirito di quella mutua - e abbastanza rivoltante- attrazione, o preferibilmente, di quella vena di sana rivalità che irrimediabilmente, in più di un’occasione, era sfociata in un rapporto che noi peninsulari potremmo riconoscere nei round Vianello vs Mondaini. Se il Colombo degli Heights rimane ancora una figura fortemente ambigua e indecifrabile - simile al fu Gold, sebbene non altrettanto affascinante-, il Tremonio fiabesco, ancorchè nella sua versione 2.0, è per gli Oncers di lunga data un libro aperto, rendendolo senza troppi giri di parole l’astro più splendente dell’intera puntata. Guardarlo delirare nella sua gabbia 2x3 - come direbbe l’amico della scimmia ballerina-, ascoltarlo mentre si esibisce nella sua peculiare e ipnotica musica fatta di gridolini e risatine isteriche ha lo stesso effetto delle madeleine di Proust che rievocano negli aficionados più nostalgici quella sinfonia di cui lui era una delle note più potenti e incisive, sebbene spesso quella maggiormente dissonante, in senso positivo. Risulta tuttavia inspiegabile il motivo per cui abbia consigliato alla sua arcinemesi di procurarsi, tra tutti i ninnoli magici esistenti, proprio l’amo del semidio tatuato dei mari polinesiani. Certo, è risaputo che in qualunque versione della Foresta Incantata i lungometraggi targati Gualtiero Disney siano ancora una prelibatezza sconosciuta - e meno male, la gestione dei diritti d’autore da un punto di vista anche solo economico sarebbe un disastro data anche la non esistenza del bonifico-, ma che uno come Tremonio che ne sa sempre una più del diavolo - e che, in una sua versione alternativa, il diavolo lo ha persino raggirato- ignori che il vero potere dell’amo magico sia fondamentalmente quello di intrattenere grandi e piccini con uno zoo ambulante, è piuttosto sconcertante. Meno sconcertante, invece, è il modo in cui l’amo in questione si sia metaforicamente rivelato essere la rovina per il pirata boccalone di turno. Herman Melville sarebbe sorpreso di sapere che la più grande preda del suo Achab non sia stata un capodoglio albino, bensì un borioso capitan Findus mono manuto il cui amor proprio, anche se solo per un attimo, ha mandato a benedire quello per la figlia perennemente reclusa nell’attico più esclusivo ed escludente della Foresta Incantata. Probabilmente il gingillo non avrebbe avuto alcuna utilità, e ancora più probabilmente la peggior Madre mai vista nella show sarebbe comunque apparsa per commettere l’ennesima porcata, tuttavia l’essersi fatto fregare dall’orgoglio è valso a papà Uncino la decurtazione di qualche Punto Eroe, e di una non così esigua quantità di Punti Genitore. Come prezzo: un cuore maledetto e un futuro da vecchio bacucco alcolista ed ascitico, nonchè di una figlia piuttosto disturbata, vaneggiante di conigli senza il senso della puntualità e di loschi individui drogati di tè. Insomma, mai titolo fu più azzeccato: la caduta del “knight”, o “cavallo” nel gergo degli scacchi italiano, c’è stata eccome. Volendo essere perfido, quasi zeleniano, potrei anche decidere di dilungarmi su quanto ammorbante sia l’attuale situazione dei non degni discendenti del clan dei cerulei, di quanto Giacintola fatichi - e molto- a meritarsi il ruolo di prossima donna alfa del suddetto clan e di quanto Enrichetto abbia una chimica con Genny la Piva di gran lunga superiore rispetto a quella con la legittima consorte, ma forse sarebbe più conveniente soffermarsi sul positivo, sulla scena finale che, nonostante tutto, è riuscita a smuovere leggermente anche un grandissimo e a tratti fiero scettico della settima stagione come il sottoscritto. Il ricongiungimento tra nonna e nipote era sicuramente qualcosa di atteso fin dallo scorso autunno, eppure si spera che esso non sia stato solamente un’occasione per addolcire il termine della puntata con zucchero e miele, ma un vero e proprio impegno preso da matrona Mills, sebbene correntemente presa dal suo “amichetto dell’aldiqua”, e da baby Mills per velocizzare un po’ la trama, e magari anche per risollevarla- e l’aver già nominato la prossima operazione è un buon inizio-. La grande sfida di questa nuova tranche di puntate sarà appunto quella di far venire i proverbiali nodi al pettine della trama - e si spera che i capelli non siano quelli della rastafariana Gothel, o altro che pettini, ma motoseghe- in vista della definitiva conclusione di questo esperimento semi fallito di settima stagione, nonchè dell’intero show. Alla prossima!
SKADUSSSSSSSHHHHHHH
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Novembre 2016
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