Le Streghe sono tornate anche per il finale della Sesta Stagione. In una congrega, l'unione fa la forza, e per questo motivo Cisco e Fabiola, irriverenti fattucchieri, hanno intersecato le loro triforcute lingue per recensire, per l'ultima volta quest'anno, il capitolo conclusivo non solo della stagione, ma anche delle molte storie che purtroppo non vedranno un ritorno a settembre. Hanno combattuto strenuamente contro le superiori forze della pessima connessione a internet e dello studio matto e disperatissimo, e alla fine il loro incantesimo è finalmente arrivato, con grande gioia del buon vecchio Brontolo. Vi invitano dunque a leggere la loro invettiva, la loro analisi e ciò che li ha fatti emozionare. Li rivedremo arrivare sulle loro scope anche per la settima stagione? Lo scoprirete solo proseguendo, quindi Buona Lettura! ADDIO, ADDIO, AMICI ADDIO...? Cisco Immaginando per un attimo che la "triste" profezia sul rinnovo per una settima stagione di “Once Upon a Time” – e mi riesce davvero difficile anche solo apporre le virgolette, giacchè questo show ormai non può più vantare questo tiolo, per quanto mi riguarda- non si sia, ahimè, avverata, questo finale potrebbe essere un degno finale di serie? La risposta che mi sono dato è “indubbiamente sì”, nonostante qualche difetto, qualche fastidioso tiro mancino senza troppa sorpresa tirato ad alcuni personaggi, e nonostante quei pochi minuti che, disseminati ad cavolum qua e là, hanno decretato “non finita” questa storia durata da più di un lustro. Ripercorrere passo a passo la trama della doppia puntata sarebbe alquanto inutile, vuoi per la non eccessiva originalità, vuoi per la scopiazzatura di un caposaldo della letteratura fantasy, vuoi per il quasi nulla conseguito dai fairytalians ri-esiliati per gentile concessione di Fata Fattanza al termine di una sessione canterina con tanto di nozze. Se, infatti, il Nulla aveva quasi distrutto Fantàsia nell’opera di Ende, purtroppo lo stesso nulla – o quasi- ha segnato le sorti della vicenda nella Foresta Incantata in pieno extreme make-over apocalittico partorito dalla credenza e dalla mente in esaurimento della bionda distruttrice, ottenebrata dall’abuso di stupefacenti tagliati dalla più invereconda delle fate. Per quanto “geniale” potesse apparire il piano del fresco sposino di scalare un ortaggio formato titano e recuperare un legume dalle mistiche proprietà in una puntata speciale de L'Attacco dei Giganti (Estinti), suddetto piano si è rivelato, col senno di poi, altamente inutile e asservito perlopiù al ruolo di tappabuchi nell’attesa che la consorte fosse nuovamente ridestata dal suo sonno di negazione. Se non altro, comunque, ha fatto perfettamente centro la solita logica secondo cui, a dispetto di una trama zoppicante, ciò che risalta sono simpatiche scenette che a questo punto dello show – ovvero alla sua conclusione in quanto tale- danno quel necessario tocco di nostalgia e sdrammatizzazione. Nella fattispecie, troviamo i due galli cedroni del fiabesco pollaio nuovamente impegnati a dimostrare chi le ha più grosse, questa volta nella dimora di un drago educato all’utilizzo delle posate. La caduta rovinosa dal chilometrico asparago che avrebbe dovuto ridurre in gelatina i due spacconi sarà anche stata una semi-palese violazione delle leggi della fisica, eppure se già ammettiamo l’esistenza di fagioli che aprono buchi nella realtà, di psicotiche regine che si sdoppiano, di cuori che vengono tagliati a metà fungendo quasi da baby monitor per adulti e di fate stronze, la critica trova un po’ il tempo che trova. Ma ancora più importante, questa versione di OUAT di “Its raining men” ha regalato una più che degna e misurata scena di chiusura per la versione fiabesca della coppia originale dello show, quella che nonostante l’odio – sia interno sia soprattutto esterno- è sempre riuscita a piazzare scene toccanti e potenti, condite di sbaciucchiamenti del vero amore persino fuori copione. Se infatti il primo bocca a bocca che ha defibrillato il bel principe spataccatosi nel bosco era da programma, quello successivo è stato interamente farina dei due interpreti, che debbono in parte allo show che li ha visti protagonisti per sei stagioni – salvo, spesso, trattarli a pesci in faccia- la nascita della loro personalissima e reale fiaba. Sulle note della loro canzone, nel ricordo dei nostalgici rimandi al leggendario Pilot e con le parole di devozione – ripetitive certo, ma mai scontate o meno potenti–, Biancaneve e Azzurro, coloro i quali più di tutti mi hanno da sei anni ispirato e spinto a seguire questa maledetta serie, chiudono il loro sipario fiabesco, dimostrando una volta di più che Love is the Most Powerful Magic of All, specialmente il loro. L’altro potentissimo amore che non poteva non caratterizzare un finale del genere è quello tra Emmanaigioia e il figlio, personaggio che raramente viene preso in considerazione se non proprio durante i finali di stagione, che seguono sempre le sue disavventure nel momento in cui lo sconvolgimento apocalittico di turno – causato da una vera e propria pista di polvere nera- si abbatte in quel di Catastrorybooke. La peggiore sorte forse tocca proprio al ragazzino, che in questa realtà contorta si ritrova adottato da una perfida e disturbata milfona – sua giovanile bisnonna- che non ci mette due secondi a scaraventare il minore giù per le scale e servendogli, in ospedale, un fumante piatto di ceneri di libro condite di acre bastardaggine. Se Fattanza avesse impiegato meglio il suo tempo leggendosi Harry Potter - invece che fare faccine da schiaffi a mo' di sfottò dietro alle persone- forse avrebbe imparato che quando si impugna la più potente bacchetta magica esistente, la possibilità di venire ridotti in coriandoli da un mago più furbo è più che concreta. Specie se quel mago è un certo signor Tremonio, che di restare maledetto -o leale al cattivo di turno, nonostante i vantaggi apparenti- non ne ha mai voluto sapere. Il fatto che sia stato proprio lui a commettere il matricidio francamente non sorprende, giacchè dopo aver fatto fuori papino –due volte- era solo questione prima che anche mammina subisse la funesta ira omicida del figlio, segno che le profezie in qualche modo si avverano sempre, specialmente quelle del tipo "stronza sei e in polvere ti ridurrai". Ulteriore conferma che una approfondita lettura dei rimani di zia Rowling le avrebbero, forse, giovato. Per quanto riguarda il momento clou della tanto attesa Battaglia Finale, ci si è tenuti sul cauto e lo sbrigativo, prediligendo uno scontro all’arma bianca sul viale da spaghetti western di Main Street. Il tutto si risolve quindi in poche battute, con Emma che si detona come una bomba atomica riportando Gedeone il bimbominkia piagnone allo stato di infante – condannandolo a rivivere la pubertà- ed Enrichetto che desta la sua cadaverica madre dalla morte. Dopo il "Discorso della Principessa" della motivator per antonomasia, è una sfilza di baci, abbracci di gruppo, casette da sogno – al posto di appartamenti ora troppo affollati-, balli, maggiolini gialli, nonne in piena smania culinaria, cani e poppanti. L’Ultima Cena della Salvatrice e della sua famiglia di Apostoli ci sarebbe davvero stata perfettamente come conclusione definitiva per la serie. Così, tuttavia, non è, e in barba alla nefasta scivolata nel palinsesto del venerdì, coloro i quali sono artefici/carnefici dello show promettono una nuova stagione completamente rinnovata e diversa, fosse solo per la defenestrazione di ben sei personaggi principali e storici che hanno reso lo show quello che è. In conclusione, sicuramente la Michela Murgia che è in me non boccia questo finale -pur condannandone alcuni punti, ovviamente-, e anzi plaude tiepidamente al riuscito risultato di aver chiuso, nel bene e nel male, questa sessennale gabbia di matti. SIX FEET UNDER:
Probabilmente a questo punto sarebbe d’uopo un commento generale sulla stagione, o magari su tutto ciò – e CHI- che di Once Upon a Time scomparirà con il nuovo capitolo. Visto che un’operazione del genere meriterebbe come minimo due articoli a parte, direi che è ora per me, anche quest’anno, si fermarmi qui. Una parola sarebbe troppo poco, due troppe. Mi risulterebbe impossibile anche solo parlare di ciò che questo show ha significato pe me, e di ciò che sto perdendo. Così come esprimermi su ciò che penso della prossima stagione. Le lacrime e la rabbia mi impedirebbero di coniugare qualunque verbo. Non mi metterò a cantare “La canzone dell’arrivederci” dell’orso Bear, ma tantomeno ad intonare “io non vedo l’ora di tornar” come Luna. Per ora non posso che rivolgere “grazie” a queste sei stagioni – con alti e bassi- e ai miei personaggi preferiti che non vedrò più. Chissà, cari Lettori, forse ci rivedremo a settembre, forse no. Sarà un lieto inizio? SKADUSSSSSSSHHHHHHH ARRIVEDERCI AMORE CIAO Fabiola Scrivere la streghensione di un finale di stagione di Once Upon a Time si è sempre rivelata un’operazione complessa di standard machiavellico, per via di quell’ingombrante, ineludibile bagaglio di nostalgia, frustrazione, disincanto, rammarico e commozione che si strascina dietro. Addizionate, poi, al pari di una delle sovrattasse usuranti di Ryanair, che la Battaglia Finale è un classico epilogo alla Battisti, ovvero “Io vorrei...chiamarlo finale, non vorrei...chiamarlo finale, ma se vuoi lo chiamiamo finale” e capirete: come può uno scoglio arginare il mare di catilinarie che gli rovescerò addosso a mo’ di scarica di mitra? L’unico mio incentivo per assistere -senza pregiudizi alla Jane Austen- alla battaglia per salvare l’anima della Salvatrice è stato il suo rappresentare il capitolo conclusivo di una saga lunga sei anni (nella realtà, appena due nel Maine riveduto e corretto da voi-sapete-chi); e, paradossalmente, questo è lo stesso motivo per cui non mi sfagiola, come i cavoli a merenda. La S6, infatti, si è conclusa in modo tale che chi si è accontentato, ha goduto per il solo fatto di essere riuscito ad accontentarsi di un bicchiere mezzo pieno... degli scarti del lieto fine. Come se, parafrasando la Legge di Murphy, stanchi del bene, si sia cercato di meglio, trovando invece il male che ci si è fatti andare a genio per timore del peggio. Eppure, se c’è una conferma che si ricava dagli ultimi due minuti andati in onda domenica scorsa, è che il minore tra due mali -chiudere i battenti vs proseguire nonostante gli ascolti claudicanti- sempre un male è, anche se lo accettiamo per quietare la nostra dipendenza seriale. Perché la scoperta della paternità del folletto maldestro, vegetato in poco più di centoventi secondi come la famigerata pianta di fagioli, avrebbe avuto decisamente più senso e significato se la S7 fosse stata la prima di un ipotetico spin-off e non un “newquel”, in stile Notte prima degli esami-Oggi. Ciononostante, anche la “magia del rinnovo” ha avuto il suo prezzo, ovvero il trasloco del giorno di programmazione, sintomo delle altissime, purissime, levissime –qui,leggere con ironia,nds dove “s” sta per strega- aspettative sulla settima stagione dello show che più di un restauro, aveva bisogno di chiudere in maniera degna e non a malapena decente. D’altronde i problemi di Ouat sono sempre stati tre: le premiere carine,ma niente di che, i finali frijenn’ magnano (=arronzati) ed il tempismo tipico delle testuggini. E la Battaglia Finale ha, se non altro, il merito d’incarnare simultaneamente questi tre aspetti, essendo l’ufficioso backdoor pilot della S7, avendo chiuso un cerchio con un colpo di pistola che non si vedeva dai tempi della filosofia Hegeliana, ma soprattutto dimostrando che abusare di colpi di scena e rivelazioni shock tardivi equivale a vincere non per meriti propri, bensì perché sono stati gli altri a perdere. E nel caso specifico di Ouat si tratta dei personaggi che non rivedremo in autunno. La battaglia per un’anima, specie quando si preannuncia battaglia di e per fede, il cui soggetto e oggetto principale è nientemeno che la Salvatrice, non si può combattere in appena un’ora e venti, strizzando -fin troppo- tutti e due gli occhi guerci alla Storia Infinita di Michael Ende. Non so voi, però mi ha deluso constatare che Atreiu, Falkor o l’Imperatrice bambina mancassero all’appello tra i profughi dei millemila regni della FTL! Seppur sconosciuto ai fairytalians fino alla fine, il vero piano della Nera Fatonza (=fata stronza), ansiosa di rimanere bloccata in un quel piccolo mondo antico che è la provincia americana, doveva essere svelato in anticipo, il credo di Emma essere testato in modo più pressante, sottile e continuativo, attraverso la sintesi degli elementi migliori della 4B e 5B, ovvero il lento e tossicodipendente declino del cigno e la meticolosa premeditazione dell’ignifugo cattivo, il fu Adelino. Invece, come al solito, si è preferito infarcire ventidue episodi di tutto un po’, risolvendo due archi in un colossale boh! Nel pieno rispetto della sua tradizione del finale raddoppiato, nei primi quaranti minuti si è bazzicato nel nonnulla assoluto, all’insegna di frequenti visite guidate al manicomio di una Storybrooke sotto l’ennesima maledizione che ha eletto sindaca l’unica tiranna disponibile, e l’operazione “qualcuno volò sul nido del cuculo” che commette il peccato mortale di scimmiottare invano- anche solo nominalmente- il capolavoro con Jack Nicholson. Ad aggravare la mia generale, sebbene non generalizzata, delusione, però, è stato prendere atto che nonostante la battaglia sia stata dichiarata vinta quando “il bene ed il male hanno entrambi compiuto la scelta giusta”, i percorsi che hanno condotto suddetti bene e male a ripristinare la fede siano stati paralleli come due rette passanti per un punto, ovvero sgominare la Fatonza, senza tuttavia incrociarsi mai se non in ed in virtù di quel punto. In memoria dei bei vecchi tempi e con la stuzzicante prospettiva di una futura-ulteriore- generazione di Salvatori casinisti, si è costruita un’avventura incentrata esclusivamente su Henry, impegnato ancora una volta a svegliare Emma dall’apatia della miscredenza, sprecando l’opportunità mai presentatasi prima d’ora di rendere davvero l’operazione cuculo un affare di famiglia, quale poteva e doveva essere, scommettendo sulla collaborazione di un altro duo, quello formato dal folletto maldestro e Tremonio. Perché ostinarsi a ricordare l’esistenza del legame tra nonno e nipote solo quando fa comodo in uno o ambedue i sensi di circolazione? In sei stagioni, l’Autore è entrato nel negozio del suo parente scomodo solo per recriminare, infiltrarsi come apprendista spia o esigere aiuto per via del loro vincolo di sangue. Stop. Mentre Tremo, che pure si è rovinato la sua reputazione di nonno quando aveva ceduto alla tentazione di far sfracellare il nipote sulle rocce, ha potuto solo intraprendere una missione suicida nella Jungla che non c’è ed un patricidio/suicidio per riscattarsi ai suoi occhi, dopodiché tra i due c’è stata un’interazione uguale a zero. Vista l’iniziale, poca collaboratività di Emma ed il confino forzato del resto dei fairytalians si poteva insistere un po’ di più affinché i due si venissero incontro, persino attraverso un accordo, e non soltanto quando c’era da strafogarsi alla bettola di Granny. Al contrario, ognuno per sé, Dio per tutti e i cocci sono di Baelfire. L’avessero almeno mostrata di più quella moglie che il Signore Oscuro era tanto occupato a cercare a scapito di tutto e tutti, ergo non solo in foto ritoccate da una mente criminale, il lieto inizio dei Rumbelle non sarebbe parso un contentino, stucchevole e spiccio -seppur incantevole- quanto quello Delena nel finale di The Vampire Diaries. Con la fondamentale differenza che Robert ed Emilie, adorandosi, ci hanno regalato il bacio finale, neppure previsto dal copione originale degli impuniti; tuttavia, strombazzarci la riconciliazione, senza prima averne gettato le basi o averla concretamente risolta in una sequenza apposita, è stato profondamente ingiusto nei confronti del loro percorso. E’ vero: la vittoria più grande e di valore per Tremo era quella contro e su se stesso, ma avrei preferito di gran lunga che in un pezzo di questo tortuoso sentiero fosse stato accompagnato da Belle, Gideon o Henry, invece di sbatterlo nel solito isolamento. Specie se, per la salvaguardia di quel bene superiore che gli eroi c’hanno sempre attaccato sulla punta della lingua, il Signore Oscuro ha –letteralmente- disintegrato entrambi i suoi genitori, a dispetto di una Reginella -un nome a caso- la quale, in illo tempore, si è autosabotata l’incipiente redenzione della S2 pur di non contraddire l’altra regina, quella degli scuori su commissione: Cora. Mi contenterò dello schiaffo morale rifilato ai suoi detrattori quando, comportandosi da Salvatore che era destinato ad essere, ha prima accoppato la fatonza mammà ed, infine, sconfitto il diavolo che gli si è appollaiato sulla spalla per centinaia di anni. A proposito della Regina del Mainagioia c’è un dettaglio che mi ha lasciato perplessa e cioè il motivo per cui la spartizione del cuore col suo alter ego non sembrasse minimamente influire -negativamente- su di lei, quando la Regina Cattiva ci ha quasi rimesso le zinne per rallentare il sedicente Nulla che stava inghiottendo la FTL. Eppure Snow una fitta a livello esofageo l’ha percepita mentre il marito precipitava da una pianta millenaria, senza riportare danni permanenti, oltre a non morire... Scriverò a Roberto Giacobbo, magari può dedicare una puntata speciale di Voyager ai misteri irrisolti di Ouat! Sebbene il loro ruolo sia stato complessivamente marginale, le apparizioni dei fairytalians in generale e degli Snowing in particolare hanno intervallato le sequenze più interessanti de La Battaglia Finale. La scena clou, secondo me, è stata quella dell’ultimo -in ordine temporale- risveglio di David costruito in alternanza con quello -il primo di un’interminabile serie- di Snow nel pilota. Non so voi, ma guardandoli ho avuto come l’impressione che il bacio del vero amore e/o il concetto stesso del vero amore funzionino solo se applicati ai due coniugi del Mulino. L’ amore non deve essere leggendario per essere vero, però è grazie a questi due personaggi che, in Ouat, ha avuto la concreta possibilità di diventarlo, incarnando un ideale senza mai esserlo, interpretando la perfezione attraverso l’onestà delle mutue imperfezioni. Con il licenziamento in tronco di tutte le ship, c’è da sperare –diffidando con cautela- che i due geniacci recuperino la tempra smarrita stagioni orsono e scrivano storie, perché finché se ne hanno di valide, non inficiate dagli umori dittatoriali delle frange estreme del fandom, Ouat non potrà ancora dirsi spacciato. A conclusione di questo ciclo, la mia pagella. VOTO: 8 (il minimo per la buona condotta) BEST SCENE: Di cuore il lieto inizio dei Rumbelle; di pancia il risveglio combinato degli Snowing. WORST EVER: Non pervenuto, essendo il “peggio” piuttosto diffuso. BONUS EXTRA: Tremonio in tutto il suo splendore salvatore. WTF?: Belle. Dopo essere stata congedata di nascosto, meritava perlomeno più spazio. E siamo giunti ai saluti, Oncers, ma il nostro è solo un arrivederci a settembre, perché finché ci sarà magia in tv, questa rubrica continuerà a svolazzare sui vostri schermi, armata dei suoi irriverenti commenti. Dopotutto, la classe è villain, ma la magia è Strega, non trovate? Redazione a cura di Cisco
0 Comments
Leave a Reply. |
Archivio
Novembre 2016
|