Ed ecco che ce ne andiamo come siamo venuti, Oncers. La parola del giorno è ARRIVEDERCI, perché addio è una parola troppo grossa. Ce ne andiamo come siamo venuti, intersecando le nostre lingue triforcute, ormai alla fine del loro sferzare e dardeggiare. Ce ne andiamo come siamo venuti, con la nostra favella pungente per rendere la vostra lettura settimanale divertente. Addolciti, ma non rammolliti. Ci portiamo un po’ della vostra ghiaia, un po’ del principe azzurro, un po’ dell'infinità della speranza e un po' della luce dello show. Arrivederci, e grazie per i magici anni passati in vostra compagnia. Semmai ci rivedremo. Una dopo l'altra, ciascuna pronunci l'ultima magia... STREGA FABIOLA Una delle inevitabili rogne della dipendenza “seriale” consiste nell’aprire Microsoft Word 2010, dopo l’equivalente di un mandato al Quirinale, e non riuscire ad immaginare come o dove radunare le parole, e soprattutto le forze, per riempire una pagina immacolata di frasi d’addio. Probabilmente solo la Giulietta di Shakespeare trovava il salutarsi una pena così dolce da voler dire addio fino al mattino successivo, e di sicuro perché a farle ciao ciao con la manina era Leonardo Di Caprio attraverso un acquario multicolore. E l’aspetto più seccante dell’intera faccenda, oltre ad un blocco dello scrittore grande quanto le grandi opere incompiute della nostra penisola, è che siffatta rogna, in linea teorica, la sottoscritta se l’è cercata nell’istante in cui ha ceduto al lato oscuro dello streaming. Quando ci lasciamo intortare da una serie tv, infatti, nessuno ci avvisa della vittoria pirrica che, senza rendercene conto, stiamo ottenendo: amare incondizionatamente qualcosa che non è destinato a durare. A meno che non si tratti di Beautiful che seppellirà tutti i suoi attori e telespettatori. “L’inizio è dolce,assurdo, felice. L’intreccio pieno di buona volontà, forte e carico di tensioni. La fine, una lacerazione (Nuria Barrios)”, essendo la cancellazione l’inesorabile pendolo che oscilla tra il pilota ed il finale di serie. Ergo,il solo modo di mettere questo punto è farlo a mo’ di Strega,recensendo senza peli sulla lingua triforcuta. Leaving Storybrooke –titolo unitario che userò per indicare le due parti del capitolo conclusivo di Once Upon A Time, guardate di proposito assieme– è, parafrasando un concetto rieditato dalla fisica, uno spettro discreto o discontinuo costituito da un numero imprecisato di picchi emotivi luminosi, separati da intervalli narrativi plumbei. Misurato nei contenuti, il finale di serie rassicura senza appagare, filando senza particolari slanci, complice l’essere stato concepito alla svelta per dare una conclusione omnicomprensiva che, tuttavia, pecca di approssimazione; non tanto per l’urgenza di sistemare tutti in ottanta minuti, quanto per l’eccessiva autonomia di questo epilogo rispetto alla trama generale intessuta nella S7. Negli ultimi due episodi, infatti, non c’è quasi traccia dei venti che li hanno preceduti, tranne la comparsata a singhiozzo del re-cast che ha fatto da tappezzeria in un’avventura costruita intorno a tre: Reginella e Tremonio in primis, seguiti a ruota da Nook, asservito perlopiù alla necessità di rimarcare la “consistenza” del Wish Realm di cui è un autoctono,ma che l’IO della sottoscritta aveva rimosso da un pezzo. Scritto spiccio: avrebbero potuto abbozzare una mission impossible a caso e Leaving Storybrooke resterebbe, comunque, un finale di serie passabile e, nel frattempo, un finale di stagione pessimo perché non uno dei personaggi che, pur con alterne fortune, hanno animato la S7 ha trovato un’adeguata collocazione nella sceneggiatura. Giacinta e Lucilla sono finite dentro una nevosa palla di vetro; Tiana ha inaugurato una succursale della Cassa Depositi e Prestiti -di fagioli magici- dopo un raptus dolciario alla Izzie Stevens; Alice si è giocata l’ammissione ad Hogwarts perché i suoi poteri si sono sfiammati come la Torcia Umana e Robin ha investito le risicate pose assegnatele a “chiedere”: aiuto alla versione no magic no party di Zelagna e la benedizione di Nook per sposare la figlia. Nel mentre, le special guest star che abbiamo amato odiare o amato e basta, sfilavano sullo schermo nemmeno stessero trasmettendo dal vivo una parata del Carnevale di Cento, gemellato con quello di Rio de Janeiro. Se Archie, Granny e Leroy le avessero rimpiazzate in blocco, lo sviluppo e lo svolgimento degli eventi succedutisi tra i titoli di testa e quelli di coda sarebbero rimasti pressapoco invariati, poiché questo finale è così vincolato a Storybrooke e sconnesso da H-Town da potersi addirittura sostituire a quello della S6, oppure integrarlo con i dovuti rimaneggiamenti. Si potrebbe obiettare –trovandomi d’accordo- che in quanto a famiglia, ricchezza e distinzione la chiusa dell’edizione originale del libro delle fiabe avesse la priorità su tutto, ma allora si riaffaccerebbe con prepotenza la questione sul bisogno di scrivere uno spinobot (spin off+sequel+ reboot) dimostratosi,invece, la debole appendice delle avventure precedenti. Sin dalla terza stagione,la prima a scindersi in due semiarchi narrativi, Ouat ha collaudato la struttura, non sempre riuscitissima, di sbrogliare vele ed impicci nella ventesima puntata e,poi, tuffare i protagonisti nel mare, poco profondo o appena smosso, del finale stagionale. Il motivo per cui, stavolta, lo stesso schema non ha funzionato appieno è che lo show non pago di pensionare i “big” tra la sesta e la settima stagione,ha silurato progressivamente persino le “nuove proposte” (e non perché Sanremo è Sanremo). E no, il mancato rinnovo spiega in parte, ma non giustifica in toto siffatta deriva. Di conseguenza, chi avrebbe dovuto idealmente traghettare Ouat nel nuovo corso -Roni,Weaver e Nook- si è ritrovato ad esserne il perno in virtù di un combinato disposto tra caso fortuito e forza maggiore, mentre i successori designati -Henry Sr, Alice- hanno conosciuto l’infelice sorte di Carlo D’Inghilterra: la vana attesa dell’abdicazione in loro favore. Secondo chi scrive, un finale memorabile non è quello perfetto, bensì quello che convince il telespettatore-nel bene,nel male e ciò che si situa nel mezzo fra i due estremi per antonomasia- di non poter essere diverso,anche se lo si volesse tale perché altrimenti se ne comprometterebbe il significato. Ho mentalmente vendicato la morte del principe Andrej in Guerra e Pace (per inciso, non prevista nell’iniziale stesura del romanzo) troppe volte per riuscire a contarle, ciononostante il suo lieto fine,sul quale pure ho fantasticato, mi parrebbe plausibile solo in una liberissima riduzione televisiva, ma non nell’opera monumentale dell’impunito Lev Tolstoj. Al contrario, la sensazione provocata da Leaving Storybrooke è quella di aver messo in scena l’epilogo di una storia diversa da quella raccontata finora, perciò questa o un’altra versione avrebbero avuto ugualmente esito positivo. Se lo si apprezza a prescindere,insomma, è soprattutto per ciò che rappresenta –un addio,appunto- e non per quello che,in effetti,si rivela. La morale di Once Upon a Time si schiera contro l’istituzionalizzione del lieto fine nella famigerata frase “e vissero per sempre felici e contenti”, che rimanda ad un immaginario collettivo unidimensionale, estraneo alla cultura dello show: di lieto fine ce n’è più d’uno e non si realizza in un solo modo. Lieta è la pace conquistata da Tremo, lieta è la seconda occasione conferita a Regina perché entrambe derivate dalla volontà che risiede in ciò che non muore...la speranza. Nel prologo, non a caso, si ridicolizzano il bacio ed il risveglio da fiaba scippati a WishHenry, che gli procurano una cicatrice penetrata più a fondo della pelle, fino nelle ossa perché lo hanno allontanato dalla felicità che dovrebbero simboleggiare secondo un mero canone convenzionale, ereditato da Grimm&Perrault. Sette anni fa non avrei mai scommesso un solo centesimo di poter provare del sincero orgoglio per l’elezione plebiscitaria della neo incoronata Regina Serenity,cioè Buona, a sovrana di Disneyland in Maine: all’inizio per manifesta indegnità della candidata; con l’avvento dei suoi cambi di personalità stagionali, invece, avevo ipotizzato per la ex villica una seconda opportunità speculare al percorso di maturazione intrapreso per guadagnarsela. Se l’ambizione e l’inidoneità genitoriale di Cora l’avevano messa a forza sul trono, a costo della vita di Daniel e della rinuncia alla maternità, allora il suo lieto fine l’avrebbe incoronata sindaco, madre e principessa dei ladri causa matrimonio,qualora Gualtiero Disney ci avesse fatto la grazia di risuscitare Manzotin Hood (più breve della Outlaw Queen solo Oscar e Andrè). In sintesi, benché la proclamazione cada a pennello su Regina e l’abbia preferita ad altri scenari (quanto sarebbe cool un Erasmus+ a Storybrooke?), nutro il forte sospetto che sia stata incastrata nell’epilogo pensato in origine per Emma, e viceversa. In fin dei conti, Emma era il personaggio la cui felicità non sarebbe stata mai definita dal moroso che -eventualmente- avesse avuto al suo fianco, poiché la sua missione non consisteva nel conquistarne uno, ma nel restituire alle vittime della maledizione originale la speranza perduta nel lieto fine,recuperata sua volta. Chi, più di un’orfana, avrebbe potuto promuovere l’unione di tutti i reami esistenti in uno sperduto angolo di mondo, affinché nessuno nella dimensione magica conoscesse la solitudine dell’abbandono? Per coerenza narrativa, si poteva optare per una poltrona per due o sdoppiare il trono in quattro come ne Le Cronache di Narnia. Dulcis in Tremo. Non sapevo come dire addio al Signore Oscuro. Cioè lo sapevo, però non volevo; non ero pronta, sebbene dovessi esserlo, quindi,mi sono inventata una "scappatoia". ... Grazie. Grazie per la tua ultima lezione: l'oscurità può sempre trovare la luce. E grazie per il tuo ultimo dono: ci hai salvati. So che pensavi che ciò avrebbe reso vani i tuoi sogni, ma mi rifiuto di crederci. Se qualcuno merita la pace, questo sei tu. Mi mancherai, ma meriti il tuo lieto fine. Va' a prendertelo. Confesso: ho "preso in prestito" Regina, ma la suggeritrice in lacrime ero io ! Se mi avete letto fin qui, saprete che Tremo è stato la mia rovina sin dalla sua primissima inquadratura, dove s’improvvisava contorsionista in gabbia. E ne è valsa la pena, every bit of it. Anche se il per sempre dei Rumbelle era esageratamente fumoso, tanto da costringere Nealfire ad apparire in un miserrimo fotogramma per evitare un attacco d’asma, anche se Gideon,da fan di Laura Pausini,l’avrà capito da solo perché “se ami sai quando tutto finisce,se ami sai come un brivido triste. Come in un film dalle scene già viste che se ne va, oh no! Sai bene quando inizia il dolore e arriva la fine di una storia d'amore.”,anche se il trapianto a cuore aperto mi ha spezzato il cuore, ne è valsa la pena per questo... E siamo veramente ai saluti,o meglio i ringraziamenti Oncers. Ouat è stato il mio primo amore telefilmico ed averlo potuto condividere con voi l’ha reso un amore reale,quindi grazie.. Non è stato sempre un idillio: qualche domenica l’ho amato di più,qualche venerdì di meno,qualche stagione per niente. E qualche episodio mi è persino capitato di odiarlo,quindi lungi da me congedarmi con una sviolinata perbenista,anzi; ma è stato un amore vero -fiaccato ad intermittenza da stanchezza,logorio ed opacità narrative- che meritava perciò un addio traboccante d’amore. Un grazie di cuore alle mie Streghe,per avermi accolta: è stato un onore sclerare assieme a voi. Alcuni non potranno ricordarlo, però la sottoscritta ha inforcato la scopa solo a partire dalla 2x16, quando gli show te li godevi, con i social non lucravi e la pagine pubbliche rappresentavano un spazio dove potersi esprimere e non un ring dove suonarsele a colpi di tastiera anonima. Sono orgogliosa di aver contribuito affinché Once Upon A Time-First Italian Fan Page non deviasse mai dalla rotta. L’amicizia è in bocca a tanti ed assai richiesta su Facebook, ma la nostra è sempre stata speciale, perché fatta a mano, non in serie, anche se nata grazie ad una serie! Non siamo mai state Streghe del tipo: “Sarò tuo amico/a se…”,bensì “Sono amico/a nonostante”; forse siete capitate per caso nella mia vita, ma non a caso, infatti mi manchereste anche se non vi avessi mai conosciuto. Alla prossima avventura! AVANTI UN'ALTRA STREGA... STREGONE CISCO È strano pensare di stare scrivendo questo pezzo. È strano trovarsi a pensare a come ponderarlo correttamente, a quali gif inserire, a quali sfoghi e riflessioni aggiungere, a quante parole battere sulla tastiera sapendo che, dopo aver digitato l’ultimo SKADUSH, questo lavoro si potrà dire definitivamente concluso. Allo stesso modo, mi immagino anche gli autori alle prese dello stesso lavoro, ovviamente più in grande, intenti a coreografare quella che, più che altro per imposizione da parte degli alti poteri del network, sarebbe stato l’epilogo della loro settennale favola. Questi pensieri, invero molto nostalgici col senno di poi, mi si sono accumulati in testa fin dalla visione di questo gran finale, eppure riordinarli e metterli nero su bianco si rivela essere un’operazione quasi più difficile che rendersi conto di una verità tanto semplice quanto, per certi versi, terribile. Che Once Upon a Time è finito. La difficoltà nello stendere questo pezzo, che vuole essere una riflessione più che una vera e propria recensione, consiste pertanto nel cercare di riuscire a congedarsi, a dire quell’addio necessario ed inevitabile, rendendo il più possibile giustizia ad una serie che, nel bene e nel male, ha significato così tanto per me in questi ultimi anni, sotto diversi punti di vista. Il rischio più grande è quello o di inserire troppe parole, in una lettera di saluti troppo prolissa, o di utilizzarne troppe poche in un succinto e banale biglietto di commiato. Questa è infatti la fine di un viaggio, a prescindere dal fatto che, il finale in sé, non brilli di certo come il più ispirato, sulla falsariga, comunque, della penultima puntata. Egoisticamente, a voler cantare la canzone dell’addio non è tanto il mio cuore Oncer, asciugatosi ahimè come una prugna nel corso degli anni, ma quello di Stregone recensore, al tramonto di questa carriera di certo non remunerativa, eppure così appagante. Una carriera avviatasi quasi per caso, ormai più di cinque anni fa, e che ricevette il battesimo del fuoco in occasione dell’ormai così lontana puntata 2x14… Una puntata che, ricorderanno i più, ebbe come fondamentale protagonista quel Tremonio che, nel finale, ha concluso più di tutti - e in tutti i sensi- la propria storia. Supponendo di compiere un intero rewatch di tutte e sette le stagioni concentrandosi unicamente sulla saga tremotiniana, non sarebbe affatto difficile, una volta terminata la visione, rendersi conto della sua completezza, oltre che della sua complessità. Di Tremotino si narrano la nascita, la crescita, le varie - forse troppe- cadute, gli amori, le nemesi, le slinguazzate inconsulte di solito con esponenti svergognati del clan delle mugnaie sanguinarie e, infine, una morte eroica. Ma di certo l’elemento più caratterizzante di tale saga non può che essere il male. Il male, cioè, che Tremotino ha subito ed inflitto, che ha combattuto e con il quale, a volte, si è addirittura configurato, anche se più che altro per motivi legati alla - non sempre ottima- narrazione. Ecco che dunque questo binomio del male e Tremo, e che ben gli vale l’amorevole nomignolo di “Tremonio” da parte di noi streghe a lui così tanto affezionate, fa emergere quello che è probabilmente il vero ruolo ricoperto da sette anni da questo personaggio. Tremotino è - o meglio, è stato- il male necessario. Quel male che non esiste fine a sé stesso, spinto da un afflato di puro egoismo, ma che al contrario deve esistere affinché qualcuno gli si contrapponga, lui stesso compreso. Chi è anche solo minimamente esperto di mitologia norrena grazie a qualche libro oppure all’ultimo God of War - mentre no, i fan sfegatati della Marvel, per favore, non alzino la mano- non potrà quindi non pensare al dio Loki, il trickster per antonomasia che aiuta i nobili dèi di Asgard il tempo sufficiente per stantuffarseli un secondo dopo, spingendo in questo modo il cosmo a quella lotta Bene vs Male senza la quale non potrebbe girare. Non ricorda, forse, qualcuno? Secondo la lore più aggiornata di OUAT sarà anche stata Fata Fattanza a preparare la scacchiera, ma è stato poi il figlio il vero artefice del movimento delle pedine che hanno portato allo svolgimento, e poi all’epilogo, le storie più importanti ed i relativi protagonisti. Ed è quindi proprio in virtù di questa sua natura, che quasi inconsciamente ha creato gli eroi perché lo potessero combattere, che la sua versione peggiore, quella venuta fuori dall’aborto narrativo made in Aladdin, per salvarsi l’oscuro posteriore si è avvalso del doppione più faccia da schiaffi di Henry, nonché delle discutibili attitudini autoriali di quest’ultimo, per ideare una sfilza di gironi infernali quasi degni del Sommo Poeta per punire tutti i paladini dell’universo espanso disneyiano -e non- con l’oscura promessa di lasciare ogni speranza a coloro che vengono risucchiati. L’unica pecca di questo ennesimo piano malvagio, oltre al fatto di essere destinato a floppare sin dal suo concepimento, è di essere stato introdotto a giochi ormai fatti, finendo quindi per non essere nè più nè meno che un espediente dell’ultimo minuto con l’unico scopo di porre quel necessario ostacolo, all’apparenza insormontabile, utile alla chiusura della baracca. È inevitabile, a seguito dell’irreversibile babbanizzazione di Alice, che poi la funzione di deus ex machina sia ricoperta da Tremotino stesso, che in uno slancio di amicizia nei confronti della versione poraccia di Capitan Findus - e che di certo non avrebbe riservato al coniuge della Salvatrice- rassegna le dimissioni da DarkOne per sé e per il suo alter ego, rinunciando a tutti i benefit connessi alla professione, primo su tutti alla sua incredibile vitalità, improvvisandosi da bravo donatore di organi. Dal momento che negli universi incantati non è previsto, a quanto pare, nessun ente a cui appellarsi in caso di perdita del posto di lavoro, wishTremotino è costretto a veder andare in fumo il proprio ruolo e in cenere la sua persona quando, così come profetizzato in più di un’occasione, il potere oscuro viene finalmente utilizzato per qualcosa di buono. Questo momento, chi più chi meno, tutti quanti lo aspettavamo, specialmente a partire proprio da quest’ultima stagione. Il congedo di Tremotino è dunque arrivato senza sorprese, non senza un’ombra di tristezza ma sicuramente anche con un qual certo grado di trepidazione, non fosse altro che per la certezza di vederlo andare verso la luce in compagnia della donna più paziente del mondo, e che non a caso è l’unica anima gemella possibile per lui. A guastare leggermente il momento è un tempismo non proprio azzeccato che non permette a Reginella - la donna numero 2 di Tremonio- di rivolgere accorate parole di addio nel momento dell’esalazione dell’ultimo respiro del suo maestro, nonostante la scena della definitiva separazione dei due risulti essere una delle più intense ed incisive dell’intera puntata. Ancor più che, così come per Tremonio, il finale di serie doveva necessariamente servire da chiusura anche per colei che ha fatto della cattiveria un nome, e della redenzione un mestiere, per quanto non sempre nello spirito della coerenza e/o del merito. Anche alla fine di tutto, Regina riesce ad essere se stessa, rimanendo perfettamente calata nel ruolo che meglio l’ha caratterizzata per tutti questi anni: una madre. Che non sia mai stata il mio personaggio preferito è ben noto, e in più di un’occasione ho ribadito quanto, sotto molti punti di vista, sia stata fin troppo sopravvalutata - addirittura deresponsabilizzata dalle sue numerose colpe- dal fandom che, ancor prima della figliastra, l’aveva incoronata suprema sovrana della serie. Ciononostante, è stato indubbiamente l’essere una madre, e anche buona, l’aspetto della sua vita più meritevole di essere ricordato, e che più di tutto ha l’ha condotta, infine, al termine del lungo e travagliato sentiero della redenzione. È il suo amore materno ad averla davvero salvata, così come il figlio è stato, a tutti gli effetti, il suo principe azzurro. Le brevi parentesi che l’hanno vista tubare con il dongiovanni di turno - non me ne vogliano i fan di Mascellone Hood, l’ennesimo personaggio inserito senza troppa utilità come contentino in una puntata con forte enfasi sull’elemento nostalgico- non hanno retto il confronto con l’amatissimo figlio, in qualunque sua versione. Ed è quindi stato, forse, il non essersi conformata all’amore romantico ad averle portato la vera felicità, nonché una scintillante corona. Pur avendo espiantato tutti i personaggi fiabeschi possibili ed immaginabili dalla tranquillità dei loro reami, per trapiantarli poi in un borgo del Maine trasformandolo in un’attrazione turistica che farebbe chiudere bottega a tutti i parchi disneyiani del mondo, le Nazioni Fiabesche Unite scoprono i vantaggi della democrazia, e tramite un vero e proprio plebiscito - caldeggiato, chissà, dal sempre potente e influente Clan degli Azzurri- la eleggono sovrana durante una colorata ed opulenta cerimonia, spazzando via una volta per tutte il suo celebre epiteto, nonché l’onta di essere stata un’allegra usurpatrice di troni e distruttrice di mondi. Se sei-sette anni fa mi avessero inviato un telegramma dal futuro vaticinandomi la nomina di Reginella a imperatrice di tutte le favole, non solo non ci avrei creduto, ma anzi avrei incoraggiato ad imbracciare le armi ed affilare la lama della ghigliottina in piena furia giacobina. E il motivo è semplicemente perché il rapporto che ho sempre avuto con questo personaggio si è basato sulla strana dicotomia dell’amore/odio che, per estensione, ho provato nei confronti dello show stesso. Regina non è stata, non è e non sarà mai il personaggio che ho più amato, ma sarà sempre quello che prenderò ad esempio per descrivere la vera natura del mio lungo matrimonio con OUAT, fatto di alti e bassi. Alla fine di questo strano e travagliato connubio, non posso però che augurarle di godere della stessa longevità di Elisabetta II, di emularne le doti del “regineggiare”, ma non tuttavia i gusti in fatto di abbigliamento: qualcuno finirebbe per lanciare la più terribile delle maledizioni. Infine, piuttosto che cantare le lodi, le gesta e le apparizioni più o meno influenti del grande e affollato ensemble del finale, non posso che spendere quelle due parole - dovute nonché volute- su quei due personaggi di cui non si parla mai, nemmeno in occasione di questa puntata. Il voto di silenzio che ho mantenuto durante le recensioni della settima stagione, infine si infrange. Se mai qualche personaggio rimarrà sempre vivo nel mio cuore e nella mia memoria per gli anni a venire, questi saranno Biancaneve e Azzurro, che ancora non sono stato in grado di dimenticare, o di smettere di amare. D’altronde, il primo amore non si scorda mai, e pertanto anche uno stregone con lingua triforcuta non può di certo fare eccezione. Nessun personaggio di questo show - e/o di altri- potrà mai rappresentare meglio la mia idea di Once Upon a Time, le emozioni ad esso connesse, gli insegnamenti da trarne. Rivederli anche solo per pochi minuti in tutto è stato, letteralmente, come rivedere la luce alla fine dell’oscurità, come rendersi conto - per dirlo più terra a terra- della fine della sessione d’esami, quando ci sente leggeri ed inspiegabilmente felici. E nessuno, nella puntata, ha saputo meglio rappresentare queste emozioni come, guarda caso, proprio Regina. Una freccia scoccata da un arciere di nero imbacuccato in una inequivocabile posa di battaglia, il movimento rotatorio della spada nella mano destra del compagno: già questo bastava a far gridare al miracolo, ma è solo nel momento in cui i cavalieri neri rimuovono gli elmi e rivelano le loro identità che finalmente si può davvero credere a questo ritorno, che si può, anche se per solo pochi attimi, bearsi dello splendore di due delle luci più splendenti nel firmamento chiamato OUAT, tanto brillanti da disegnare sul volto di Regina l’espressione della perfetta fangirl, con feels che a stento riescono a contenersi e occhi a cuoricino che a malapena riescono a non scoppiare. E non potevano che essere loro, la perfetta favola vivente - persino nella vita reale- a incoronare la loro antica rivale, a consegnarle quel potere che un tempo avevano così strenuamente tentato di strapparle, ormai del tutto certi di riporre la propria fiducia e le migliori speranze per il futuro nelle sue mani. Solo qualche anno fa, vedere o anche solo pensare che Biancaneve potesse porre sul capo di Regina una tiara tempestata di - tarocchissimi- brillanti sarebbe stato come pensare a Daenerys Targaryen indaffarata a lustrare il Trono di Spade per accogliere le crudeli terga di Cersei Lannister. Oggi, un atto di tale portata, malgrado l’assenza anche di un solo abbraccio tra madre e figliastra, appare di una naturalezza quasi banale e scontata. Un lieto fine giusto, coerente, l’unico che poteva davvero regalare a questa favola il suo epilogo. Ad ogni modo, il sipario cala infine su Once Upon a Time, il tempo delle parole da battere sulla tastiera è terminato. Questo show è stato uno dei pochi di cui mi sia innamorato, pur non essendo stato sempre fiabesco il nostro rapporto. Molte, moltissime, sono state le volte in cui la tentazione di smettere di guardare, di evitare agli organi interni di annegare della bile è stata forte. Ma poi la speranza ha prevalso, le massime di Biancaneve sembravano risuonare nella mente come parole di conforto e sostegno, riuscendo a condurmi, a volte zoppicando e a volte volando, fino alla visione di questo finale. Un grazie speciale va alle mie colleghe Streghe, con le quali la semplice collaborazione si è trasformata in amicizia, in complicità, a volte in attrito ma pur sempre nel massimo del rispetto, del piacere e dell’onore del lavorare, parlare e sfogarsi insieme. In questo spirito la nostra pagina ha vissuto sin dagli albori, ripudiando ogni forma di lite, di scontro, di vane ship wars e cattiverie gratuite, così poco accostabili al messaggio e alla natura stessa dello show. Prima che la lingua triforcuta stilli le ultime parole, le forze ancora mi permettono di dedicare a Once Upon a Time un elogio, sui versi di Nemico Mio di Fantaghirò, per esprimere al meglio quel rapporto di amore e contrasto così intimo che abbiamo intrattenuto per sette anni, e che adesso, al suo termine, risulta così doloroso interrompere. Io t’amo e tu ami me. Mio nemico e bene mio. L’amor non ha più pietà. È ferita in noi. Eppure, per quanto possa fare male, questo arrivederci non sarà eterno: sarà come addormentarsi, nella dolce attesa che il Bacio del Vero Amore possa ridestarmi, quando ancora una volta sentirò, nella vita, l’urgente bisogno di tutto ciò che Once Upon a Time mi ha trasmesso. Grazie per questi anni passati insieme, sia che siate stati in tanti o in pochi, che mi abbiate sopportato o disprezzato. Per l’ultima volta prendo congedo, mettendo la parola FINE anche a questa recensione finale. SKADUSSSSSSSHHHHHHH ... E INFINE ALL'ULTIMA. STREGONE LITTLEFRANCY
Bentornati, miei carissimi Oncers. Ve lo avevo promesso all’inizio di questa stagione, quando ho scritto il mio ultimo pezzo per congedarmi dalle Streghe e seguire altri progetti, che sarei tornato ed io mantengo sempre le mie premesse. 7 anni fa è nata una serie che ha cambiato totalmente la mia vita, perché mi ha fatto conoscere tante nuove persone e perché mi ha ricordato, anche se per un’ora la settimana, che si può essere adulti e sognare allo stesso tempo. Once Upon a Time mi ha insegnato a credere in me, nelle persone e, soprattutto, nella forza dei sogni. Questa settima stagione, per molti motivi, non sarà stata la migliore e, molto probabilmente, la ricorderemo principalmente per le ultime 2 ore, ma ha continuato a regalarci, settimana dopo settimana, quella magia che ha sempre contraddistinto questa serie. Abbiamo conosciuto nuovi personaggi (anche se alcuni, come la piagnucolona Jacinda, non li ho proprio adorati), abbiamo rivisto vecchie conoscenze sotto nuove spoglie e abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare una nuova “cittadina”. Per molte ragioni, non sono riuscito ad affezionarmi ad Hyperion Heights come ho fatto con Storybrooke, forse perché, principalmente, nel Maine si poteva cogliere ovunque l’aria di “Famiglia”, qui un po’ meno. Non ci girerò intorno, su 22 episodi, ne ho apprezzati realmente 5-6 e, per buona parte, mi ha anche annoiato. Sono sempre stato un grandissimo fan di Regina, ma non ho molto amato il suo Alter-Ego “Ronie”, che ho trovato troppo... Esagerato. Non lo so, c’è qualcosa che mi ha spinto a non volerle bene come ne ho voluto a Regina Mills e alla Regina Cattiva. Tra i personaggi nuovi, ho apprezzato, invece, Robin/Margot e Alice/Tilly e ho fangirlizzato come i matti quando ho scoperto che stavano insieme. Nonostante ciò, eccoci giunti all’ultima ora, al momento della verità: Once Upon a Time entrerà nel “Book of Records” come una delle serie più amate di sempre? L’episodio finale, seconda parte di una doppia ora conclusiva, ha risolto, in maniera abbastanza approssimativa, la storia del Tremotino del Regno dei Sogni, facendoci giungere alla storia conclusiva di tutti i personaggi. Vedere, tuttavia, il furgoncino giallo di Tiana arrivare a Storybrooke, è stata una grande emozione. Dopo un anno, finalmente, siamo tornati a Casa! Se qualcuno di voi dirà che mi è scesa la lacrimuccia, vi maledirò!! Parola di Strega. Sicuramente, in appena 40 minuti era impossibile riuscire a rientrare a pieno nella cittadina immaginaria del Maine, eppure, è stato davvero emozionante. La scena che, più di tutte, mi ha fatto singhiozzare, è stata quella della morte di Tremotino. Il discorso di Regina è stato davvero carico d’affetto per il suo amico che, finalmente, ha compiuto un gesto altruistico e si è guadagnato un posto in paradiso. La scena della riconciliazione con Belle, tuttavia, sarebbe stata perfetta se avessero messo in sottofondo le note di “Tale as Old as Time”. Sarebbe stata una scena incredibile, più di quanto non lo sia già. Come previsto, tutti ottengono il loro lieto fine, anche se non tutti con il vero amore. Seppur il ritorno di Robin padre mi abbia commosso, sono contento che abbiano scelto di far terminare la serie con una Regina single, semplicemente perché è in linea con la tendenza della Disney di oggi: Le principesse non hanno bisogno sempre di un principe azzurro che le salvi, alcune sono forti ed indipendenti. Riunire i regni di fiaba è stato davvero una bella mossa e, anche se per poco, abbiamo rivisto i vari Reami, incluso Arendelle. Certo, avrebbero potuto gettare le basi di questo finale un po’ prima, specialmente perché non abbiamo avuto una chiusura di tutte le storie, come quella di Tiana, ma vabbè... Arrivati a questo punto, non sento nemmeno più l’esigenza di sindacare più di tanto. Hanno proposto un finale che, sicuramente, sotto molti punti di vista non è perfetto, ma che nella sua imperfezione ha regalato grandi soddisfazioni. Cambierei qualcosa di questo finale? Forse. Lo vorrei diversamente? No. Ovviamente, vorrei dire grazie agli attori che hanno deciso di tornare per l’ultima grande avventura, come Ginny, Josh e, persino, la Morrison che sembrava avesse così tanti impegni che ha potuto perdere soltanto mezza giornata per girare 3 secondi di scena. Sorvolando le critiche, la serie si è conclusa con “Speranza”, incarnata dalla piccola Hope, figlia di Uncino ed Emma. Ed è proprio con una speranza che voglio lasciarvi, miei cari Oncers. Voglio lasciarvi con la speranza che, prima o poi, ci rivedremo, magari non con qualcosa di inerente a Once Upon a Time, ma chissà... Vi lascio, anche, con la speranza che abbiate passato 7 anni in allegria con me e con le mie colleghe Faby e Cisco. Vi assicuro che abbiamo fatto tutti il possibile per rendere questa avventura felice e godibile. Come ogni cosa bella, purtroppo, anche Once Upon a Time è finito e, con esso, anche noi Streghe. Grazie mille a tutti voi, carissimi lettori, che ci avete spinto ad andare avanti, giorno per giorno, e che ci avete dato la forza di non mollare mai questo progetto. Non potevamo chiedere fans migliori al mondo. Grazie per tutto quanto, questi anni li porterò sempre nel mio cuore di strega e con essi tutti voi. Grazie di cuore, miei adorati, ma è giunto il momento degli addii. Un ultimo incantesimo e tutto quanto sparirà. Vivrete sempre nel mio cuore. Un Grosso Abbraccio. Per l’ultima volta: Viiiiish. LIttlefrancy
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Novembre 2016
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