Ben ritrovati cari Oncers. Lo Stregone Cisco, in questa passata settimana, ha dovuto fare i conti con l'infausta data di venerdì 13 e anche con la sua "appena accennata" relazione conflittuale con Zelena. Forte della sua caparbietà, ha saputo superare tutto questo, riuscendo a infine a sfornare la sua terzultima recensione. Come avrà giudicato l'episodio numero 150? Come avrà affrontato l'approccio alla sua verde amica? Come si sarà comportata la sua triforcuta lingua? Per scoprirlo, bisogna solo leggere, e quindi vi auguriamo...bè, Buona Lettura! Venerdì 13, si sa, è un giorno di cattivo auspicio. Non importa che questa credenza affondi le radici in qualche contesto folkloristico, storico - e no, Dan Brown non docet-, biblico oppure cinematografico: è ormai consolidata nella cultura pop la paura legata alla temibile data. Per uno scaramantico come il sottoscritto, il fatto che la diciassettesima puntata della settima stagione sia andata in onda proprio in quel giorno è stato un segno impossibile da non cogliere. Soprattutto e innanzitutto perchè detto episodio ha avuto come protagonista, ahimè, il personaggio che più di tutti, nell’arco di ben quattro anni, ha saputo donarmi moti di bile e volgarità come nessun altro, colei la quale è la prova vivente che la giustizia divina, semplicemente, non esiste, almeno non in Once Upon a Time. In qualche modo, tuttavia, non posso nemmeno non riconoscere come i 43 minuti della puntata insieme a Zelagna siano stato voluti da qualche intelligenza celeste superiore - nonchè bastardella-, spinta dal desiderio che questo incontro fosse anche, nel bene o nel male, una sorta di commiato, un modo per noi due di salutarci. Sembra infatti che anche per lei sia - finalmente- arrivato il canto del cigno dopo una non abbastanza breve parentesi. Se pensavo che la visione della puntata mi avrebbe provocato conati incoercibili e un conseguente violento bruciore di stomaco e fegato, mi sbagliavo. Per la verità l’episodio si è rivelato un sonnifero ben più potente di una tisana di valeriana, con l’effetto di appensatirmi le palpebre ai limiti della ptosi. E il motivo non è stato tanto - o comunque non solo- la presenza pregnante della strega più paracula del reame, quanto piuttosto l’ormai eclatante e ufficiale mancanza di una trama sensata e accattivante che, ormai e ancora a cinque puntate dalla definitva conclusione, non riesce a delinearsi lungo una direzione ben precisa, configurandosi per lo più come un affastellamento di piccole storielle secondarie che compongono un rebus che verrebbe denunciato persino dalla Settimana Enigmistica. E il fatto che l’episodio sotto recensione, e torchio, sia stato anche nientepopodimeno che la centocinquantesima puntata dell’intera serie ha reso il tutto ancora più deludente e frustrante. Una pietra miliare del genere, ancorchè appartenente ad una stagione piuttosto inutile e superflua, sarebbe dovuta essere una sorta di tributo allo show e per lo show, e non già un siparietto spiccio di una figura che, di rilievo, non ne ha mai davvero avuto. Dal momento che Lana Parrilla stessa, in questa occasione, si è brevemente megaevoluta in regista, non si capisce come il focus della puntata non sia stato, magari, l’agnizione del figliolo rapito, ma piuttosto l’ennesima dimostrazione che, modificando un noto detto, “nessuna perfida azione viene punita in OUAT”, come già tristememte visto con la degna genitrice della mugnaia verdognola. Insomma, è difficile credere che nonostante l’epiteto di cui si sia sempre fregiata, e con un certo vanto, Zelagna l’abbia sempre sfangata alla grande rispetto alla sorellastra e all’ex amante-sensei. Non che i due in questione non abbiano compiuto azioni talmente malvagie - e sono tante, su questo non ci piove- da portare ad un continuo posticipo a data da definirsi il momento della redenzione e del perdono. Ma perlomeno, quando per loro quel fatidico momento è arrivato, il percorso è risultato naturale e completo, non scevro di dolorosissime tegole in testa e di gargantuesche vagonate di sterco da ingerire; e nonostante tutto si ritrovano, è bene specificarlo, in una condizione non esattamente felice e contenta: Reginella a gestire un locale di dubbio affare e costretta a essere separata dal figlio pur vivendoci accanto, Tremonio invece a sopportare l’attesa di riunirsi definitivamente alla sua bella defunta. A Zelagna, tuttavia, è bastata l’ennesima maledizione per diventare una persona soddisfatta e realizzata, per guadagnarsi una vita tutto sommato felice tanto da portarla a rinnegare il passato da piagnona isterica e sempre sul piede di guerra con il mondo intero che - poverina, lei- non la capisce e che, secondo lei ingiustamente, la odia per: aver sterminato innocenti in tutti i luoghi in tutti i tempi e in tutti i reami, rapito infanti, separato in eterno figli a genitori e genitori a figli, approfittato dell’ingenuità e dell’apparato riproduttore del fidanzato della sorella. E nonostante questo invidiabile curriculum, la “giovane Verder” e i suoi dolori vengono ripagati lautamente con una vita agiata, una scintillante pietruzza al dito e un povero sventurato pronto ad amarla finchè morte - o cessazione della pazienza- non li separi. Un vero peccato che ad Oslo avessero terminato i Nobel per la pace per quest’anno. Scherzi a parte, la conclusione del percorso di Zelena è quanto di peggio si sarebbe potuto scrivere riguardo a questo personaggio, che pur essendo quasi sempre stato inspiegabilmente amato dal pubblico - se non si considerano le battutine idiote e acide, spesso le uniche parole a uscire da quella bocca- ha finito per risultarmi ancora più indigesto per la totale assenza di vera redenzione e riscatto personali. In passato, una persona molto saggia disse che per essere buoni serva un enorme coraggio. Ebbene, Zelena questo coraggio non l’ha mai davvero avuto, e ha potuto veramente vedere il suo male dalla prospettiva del bene per gentile concessione proprio della tanto invidiata sorellastra e del sortilegio che è stata costretta a lanciare. Ciò che perlomeno Zelagna non ha perso e/o rinnegato - e che mi ha dato un certo prurito…intimo- è la palese faccia di palta e la mancanza di ogni vergogna che le dà il diritto di chiedere aiuto e protezione, quando viene minacciata dai dolcetti della morte, proprio all’uomo a cui ha arrecato il più grande dolore della vita. In momenti come questi nulla farebbe più comodo di una impassibile ed esasperante Septa Unella, che con l’orrido suono della campanella più odiata della televisione ricordi l’importanza della voce del verbo “vergognarsi”. Ma è comuqnue in quello stesso attimo che, alla faccia di tutti i detrattori, si vede e si apprezza maggiormente il cambiamento di Tremonio, che in tempi passati non avrebbe di certo esitato a fracassare nuovamente la strega come una ceramica Ming tarocca. Per quanto riguarda il resto della puntata non c’è molto altro da dire, se si esclude la conclusione dell’assurda e praticamente insignificante vicenda del serial killer sbruciacchiato e dai più nomi che dopo aver brevemente sequestrato Enrichetto - e senza apparenti abusi, si spera- viene beccato dal detective monco nel giro di due secondi senza nemmeno la perizia dei profiler di Criminal Minds, e poi muore, causa macumba, per mano e spillo di Facilier, attualmente contendente di Gothel la lercia nella caccia al tesoro appuntito e ondulato più vecchia e trita della storia dello show. Bisognerebbe infine, a tutta scopa, sorvolare sul flashback, o per meglio dire su quel misto informe di trash e nonsense che fa sì che misteriosamente nella Meravigliosa Landa di Oz compaia una diversa versione dei due bambini più idioti ma anche più disculati delle favole che finiscono alla mercè spietata di una pazza cannibale che si finge cavaliere Jedi impugnando un fintissimo bastoncione di zucchero a guisa di spada; il tutto condito e aggravato da una Zelagna, arrivata alla sua ultima verde apparizione, che senza motivi apparenti si invaghisce di un taglialegna diversamente vedente per poi flambare a dovere le braccia della di lui prole, trasformandola in un serial killer dalle dubbie capacità mentali. Con la speranza di non doverla rivedere mai più, prendo congedo dalla mia amatissima Zelena così da come da tutti coloro che si stiano cimentando in questa recensione, almeno per due settimane. Ciao Broccolona, non ci siamo mai tanto amati, ma questo non sia un arrivederci. Che sia un addio! Ti auguro tanta felicità e secchi d’acqua. Tuo collega fattucchiere, Cisco. Alla prossima!
SKADUSSSSSSSHHHHHHH
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Novembre 2016
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